L'illuminazione 

Non è semplice parlare delle tipologie di illuminazione del film: perché le osservazioni vengono fatte su un DVD, a sua volta ricavato da elementi derivanti da un positivo (in assenza di negativo originale), quindi con un impoverimento delle qualità luministiche, comunque meglio percepibili in proiezione; e perché per farlo adeguatamente sarebbe necessaria una competenza specifica di tipo tecnico, che non pretendo di avere. (Devo molto, per l'estensione di questo paragrafo, alla lettura della bozza di una traduzione in inglese di Film & Licht di Richard Blank, di prossima pubblicazione in tedesco presso Alexander Verlag Berlin).
Ecco alcuni esempi di tipologie di illuminazione. Colpisce la tendenza a illuminare i personaggi principali in maniera uniforme, indipendentemente dalle fonti luminose in campo (lampade o, raramente, finestre): p. es. inq. 16 (dove a rigore la geisha a destra, Konaka, dovrebbe avere il viso in ombra avendo la lampada alle spalle); 17 (Otoku dovrebbe avere il viso in ombra avendo il lampione alle spalle);

inq. 16 inq. 17

22 (pur intravedendosi una fonte di luce in alto, niente giustifica la luce sul volto di Kiku); 38 (c'è una piccola luce alle spalle di Matsu e Kiku, che dovrebbe produrre ombra sui loro volti, e non è certo la lanterna del riksciò a sinistra a giustificare il chiarore che li avvolge);

inq. 22 inq. 38

49 (la finestra alle spalle di Kiku dovrebbe produrre ombra sul suo volto, e non si vede altra fonte di luce in scena); 51 (la luce proveniente dalla shōji dovrebbe lasciare in ombra i volti dei personaggi che le danno le spalle);

inq. 49 inq. 51

64 (la lampada alle spalle di Fuku dovrebbe produrre ombra sul suo volto).

inq. 64

Si tratta quindi di un'illuminazione "innaturale", che tuttavia non si fa notare ("innaturale" nel senso della "naturalezza" tendenziale del cinema di tipo hollywoodiano, dove di solito la luce di un'inquadratura deve essere giustificata dalla presenza vera o supposta di una fonte luminosa in scena).
Esempi lievemente diversi sono quelli della 105, dove una luce particolarmente intensa rischiara il volto di Fuku, per poi estendersi a Kiku quando gli si siede accanto, mentre gli altri personaggi hanno una luce meno intensa, comunque non prodotta dalla lampada che si vede in alto alle loro spalle (e in ogni caso Mizoguchi non si preoccupa di rendere luministicamente l'effetto del treno in movimento): in questo caso si potrebbe dire che la luce dà rilievo alla partecipazione emotiva di Fuku al dramma di Kiku, di cui è incolpevole; e quello dell'inq. conclusiva 142, con Kiku in trionfo e in piena luce, ma con le lanterne alle sue spalle.

inq. 105 inq. 142

La tendenza conseguente a questo tipo di illuminazione è di produrre attraverso luci artificiali un "centro" di attenzione negato da altri elementi della messa in scena (predominio del campo medio, angolazioni eccentriche, movimenti di macchina complessi, inquadrature-diaframma, ecc.); questo non significa che la luce sia di tipo low key, cioè a forti contrasti di bianchi e di neri, ma al contrario sembrerebbe una luce "diffusa", che in genere illumina uniformemente i vari personaggi in scena.
È ricorrente l'uso di quelli che sembrano velatini, se non addirittura mascherini, per tenere in ombra le parti superiori dell'inquadratura, e di conseguenza isolare maggiormente i personaggi in scena: p. es. nelle inqq. 16, 38, 49, 51, 64 sopra riprodotte.
Rari sembrano gli usi "espressivi" della luce, volti cioè a porre in rilievo determinati aspetti della situazione messa in scena.
Un esempio è quello di Kiku totalmente in ombra — "messo in ombra" dalle chiacchiere degli ospiti della casa di geisha — nella 15 (la cosa è peraltro giustificata dal fatto che la fonte luminosa visibile gli sta davanti, producendo un controluce). Un altro esempio, ma di diversa natura, è quello dell'ombra di Kikugorō sulla fusuma nel mezzo della 36 (poco visibile nel fotogramma riprodotto, ma evidente nel film), che ne anticipa "minacciosamente" l'entrata in campo, già preceduta dagli apprensivi sguardi fuori campo nella sua direzione della moglie e del "fratello" Eiju; anche in questo caso l'ombra è giustificata da una lampada, ora fuori campo, che avevamo visto prima.

inq. 15 inq. 36

Nella 92, data anche la lampada alle spalle, il volto di Otoku che prega è quasi totalmente in ombra, e la sua "concentrazione" ne viene accresciuta. Anche nella 108,

inq. 92 inq. 108

il controluce di Otoku che, dopo aver rinunciato ad accendere la lampada, si accosta alla finestra per ascoltare il suono degli hyōshigi sottolinea la solitudine e la disperazione della ragazza (in opposizione alla 48, con la quale questa inquadratura "rima"); si tratta di un'illuminazione decisamente voluta dato che, oltre a una luce artificiale posta all'esterno della finestra che ne proietta sul pavimento le feritoie — siamo, si badi, di notte —, ce n'è una "innaturale" sulla finestra, che produce una sorta di cerchio che però non illumina Otoku.
Va detto che in generale il volto di Otoku risulta comunque meno intensamente illuminato di quello di Kiku; con almeno una vistosa eccezione (non casuale data la situazione): quella della 131, dove non sono certo la debole lampada a sinistra o il finestrone buio a farlo risplendere, ma una luce artificiale "dedicata".

inq. 131

A proposito di ombre, peraltro assai rare nel film, si noti (a conferma dell'impiego nel film di fonti artificiali per "mettere in luce" i personaggi) quella della 103: essa non è prodotta dalla lampada in campo, ma da una luce artificiale fuori campo posta frontalmente alla coppia, altrimenti non potrebbe riflettersi sulla parete di fianco alla lampada. Poiché in questa scena le ombre sulla parete sono particolarmente insistite, ci si può chiedere se esse non tendano a evidenziare il fatto che in questo momento di apparente unione, che prelude però a una separazione, i personaggi non siano che l'"ombra" di se stessi.

inq. 103

Si può dire che nell'insieme il distanziamento e il decentramento prodotti dalla messa in scena vengano "corretti" dall'illuminazione, senza che per questo siano contraddetti: tutto risulta, soprattutto a un occhio occidentale, "anormale", pur essendo "normale" dal punto di vista di un'illuminazione che risulta quasi sempre morbida e non esibita.
Diverso è il discorso che si può fare a proposito degli spettacoli, nei quali se non altro risaltano i contrasti fra bianchi e neri prodotti dalle "inquadrature scope" (p. es. inqq. 4, 6, 7, 8, inizio 11, 114, 118-24), col risultato anche in questo caso di concentrare l'attenzione su una porzione soltanto dell'inquadratura, senza per questo rinunciare all'effetto di distanziamento.