La recitazione 

Senza entrare nel merito della recitazione negli spettacoli (a cui si accenna ne La funzione degli spettacoli), è da notare innanzitutto la "femminilità" di quella di Fuku (che è un onnagata come, ma non sempre, Kiku); ciò non comporta necessariamente una connotazione omosessuale, poiché è noto che gli onnagata erano soliti mantenere un comportamento femminile anche fuori scena, ma conferisce alla sua amicizia per Kiku un accentuato sapore protettivo, quasi materno.

inq. 11 inq. 99

Quanto a Kiku, il discorso è più complesso. È noto che l'interprete, Hanayagi Shōtarō, famoso attore onnagata di shinpa (la "nuova scuola" teatrale affermatasi alla fine del XIX secolo), che debutta nel cinema con questo film, aveva all'epoca 45 anni (era nato nel 1894), mentre il ruolo avrebbe richiesto un attore di vent'anni. La cosa tuttavia, almeno ad occhi occidentali, passa quasi inosservata (grazie anche alle strategie di messa in scena ricordate dallo sceneggiatore Yoda Yoshikata). Risalta invece la "passività" del personaggio, che ha qualcosa a che vedere con la sua "femminilità". Ci sono all'inizio due momenti rivelatori: uno è quello dell'inq. 5, un raccordo sull'asse che "isola" Kiku in un gesto che da una parte ci sembra "omosessuale" (benché il suo ruolo in questo spettacolo non sia quello di un onnagata), dall'altra potrebbe semplicemente denunciare la sua cattiva recitazione (o entrambe le cose); l'altro è quello della 16, col modo davvero passivo di Kiku di reagire ai rimproveri "forti" delle due geisha girando la testa dall'altra parte (un gesto ricorrente in vari momenti del film).

inq. 5 inq. 16

Significative sono anche le movenze di Kiku fuori scena truccato da onnagata: avvilito nella 41 per la cattiva accoglienza della sua prova nel teatro di Ōsaka; raggiante nella 99 per il successo riportato a Nagoya, come un Pierrot lunaire diremmo noi.

inq. 41 inq. 99

In ogni caso l'atteggiamento di Kiku, nei confronti sia di Kikugorō sia di Otoku, è in genere quello di uno che non reagisce attivamente, o che lo fa come chi è insicuro di sé (lo schiaffo dato a Otoku nella 59, p. es.). Kiku accetta la devozione di Otoku quasi con un atteggiamento di dipendenza (amae), ma il suo non è un amour fou come quello di lei (privo peraltro di connotazioni sessuali, anche se nella 23 Otoku dice a Osato — ingenuamente? — di voler essere la "nutrice" di Kiku: come fosse una madre "incestuosa" più che un'innamorata, donde la comprensibile reazione di Osato). Kiku tende a subire le situazioni, e quando Genshun lo implora di andare da Otoku è Kikugorō che deve intervenire per convincerlo (inqq. 127-128).

inq. 127 inq. 128

Di fronte al suo capezzale — una scena straziante (131) — accetta la proposta di Otoku di partecipare comunque ai festeggiamenti a cui tiene tanto. Gli inchini che concludono il film (142) denunciano il suo privilegiare la "scena" rispetto alla "vita".

inq. 142 inq. 142

inq. 142 inq. 142

Al contrario Otoku, che può sembrare passiva, nel classico ruolo della donna che si sacrifica (tipico del teatro, e poi del cinema, shinpa), finisce per avere una presenza attiva, come colei che ha capito tutto di Kiku, e che proprio per questo non fa nulla per ricondurlo a sé.
Quanto a Kikugorō, che potrebbe sembrare solo il "padre" tutto d'un pezzo, garante dei valori tradizionali della famiglia e insensibile ai problemi personali di Kiku, rivela anche, nell'insieme, un atteggiamento più logico di quello del "figlio adottivo" (è semmai la moglie Osato a dimostrarsi più egoista).